Il Gruppo sanguigno può influenzare il contagio e la gravità della malattia da SARS-CoV-2


Due nuove ricerche pubblicate sulla rivista scientifica specializzata “Blood Advances” hanno dimostrato che le persone con gruppo sanguigno 0 hanno meno probabilità di contrarre il coronavirus e di sviluppare un’infezione grave in caso di contagio. Anche il gruppo B sembra offrire ‘protezione’. Si tratta tuttavia di differenze leggere con chi possiede un altro tipo di gruppo sanguigno, e non ci si deve assolutamente sentire “immuni”.

Il coronavirus SARS-CoV-2 è un patogeno nuovo e dunque gli scienziati ne stanno ancora studiando a fondo le caratteristiche, come la trasmissibilità e le conseguenze dell'infezione che provoca (chiamata COVID-19). Sin dai primi mesi dallo scoppio della pandemia gli esperti si sono accorti che il gruppo sanguigno è in grado di influenzare – seppur in leggera misura – la suscettibilità al contagio e la gravità della malattia che si sviluppa, con i pazienti dotati del tipo 0 (e B, nel caso della sola severità della patologia) in vantaggio sugli altri. 

Perché?

Associazioni simili, fanno notare i ricercatori, erano già state osservate anche in Sars-Cov-1, l’agente virale responsabile dell’epidemia di Sars nel 2003. “In vitro – dicono gli studiosi – la presenza dell’anticorpo anti-A trovato nei soggetti con gruppo sanguigno 0 o B sembra influire nell’interazione tra Sars-Cov-1 e il recettore dell’enzima di conversione dell’angiotensina 2 (ACE2) espresso dalle cellule bersaglio dell’ospite”. In altre parole, dal momento che anche il nuovo coronavirus Sars-Cov-2 si lega ad ACE2 per infettare le cellule umane, è ragionevole considerare che i gruppi sanguigni possano essere determinanti nella suscettibilità all’infezione.

A condurre le ultime indagini sulla relazione tra gruppo sanguigno dei pazienti, probabilità di infezione da coronavirus e gravità della stessa sono stati due team di ricerca distinti: il primo canadese, guidato da scienziati del Dipartimento di Medicina dell'Università della British Columbia di Vancouver, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi del Centro per la Ricerca sul Sangue dell'Istituto di Scienze della Vita; il secondo danese, condotto da studiosi dell'Ospedale Universitario di Odense in collaborazione con l'Università della Danimarca Meridionale, del Dipartimento di Salute Pubblica dell'Università di Aarhus e di altri istituti.

L'indagine canadese ha coinvolto un centinaio di pazienti con COVID-19 ricoverati nei reparti di terapia intensiva degli ospedali di Vancouver. Dopo aver raccolto dati relativi a età, sesso, presenza di patologie pregresse (comorbilità), date di comparsa dei sintomi e altri fattori intimamente connessi al ricovero, dalla necessità di ventilazione meccanica alla concentrazioni di citochine infiammatorie (legate alla cosiddetta ‘tempesta di citochine‘), gli scienziati guidati dal professor Mypinder S. Sekhon sono giunti alle seguenti conclusioni: i pazienti COVID-19 con gruppo sanguigno A o AB hanno un rischio maggiore di richiedere ventilazione polmonare rispetto a quelli con gruppo sanguigno 0 o B, inoltre “sembrano mostrare una gravità della malattia maggiore rispetto ai pazienti con gruppo sanguigno 0 o B”, hanno scritto nell'abstract del proprio studio.

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