Cherofobia: la paura di essere felici

La paura della felicità non compare nel manuale principale di classificazione dei disturbi mentali (DSM-V) ma potremmo definirla una forma d’ansia anticipatoria che preclude di raggiungere la serenità.
In pratica, i soggetti che ne soffrono raggiungono (se li raggiungono) mete, obiettivi e gioie con un senso di angoscia profonda per il timore di quello che succederà.
Nel peggiore dei casi scappano di fronte a qualcosa che può renderli felici, in altre parole effettuano un autosabotaggio verso loro stessi.
Queste persone vivono nella convinzione che se vivranno momenti di felicità, qualcosa di terribile potrà accadere da un momento all’altro.
Pensano di non vivere per essere felici e finiscono per evitare continuamente questa condizione.
Ecco come riconoscerla, in cosa consiste e da dove deriva.

Informazioni registrate

La cherofobia potrebbe avere radici profonde che provengono dal periodo infantile.
Il soggetto che ne soffre potrebbe aver vissuto punizioni o umiliazioni che hanno distrutto una situazione particolarmente felice.
Il cervello ha quindi registrato questa associazione tanto da scatenare la paura irrazionale che si verifichi di nuovo.

I sintomi

Se vi aspettate che chi ne soffre sia particolarmente triste, siete fuori strada.
Il cherofobico non lo noterete perché agisce in modo silenzioso e solo contro se stesso.
Rifiuterà una vacanza da sogno, eviterà quella festa tanto attesa, non si butterà in esperienze che possono gratificarlo.
Non vivrà situazioni felici per paura che subito dopo possa arrivare una punizione come un periodo negativo o una notizia terribile.

Le caratteristiche

Il cherofobico in genere è una persona introversa, ritiene che la ricerca della felicità sia qualcosa da evitare, una vera e propria perdita di tempo.
Questi soggetti pensano che sia molto sgradevole mostrare la propria 
felicità agli altri e quindi tentano di nascondere le cose belle che possono succedere.

La cura

Molte persone non vogliono trovare una cura per il loro disturbo perché questo agisce come una protezione dal mondo esterno.
È uno scudo e come tale non vogliono privarsene.
Chi invece ritiene di volerlo affrontare, può farlo con l’aiuto di una psicoterapia che possa agire all’origine dell’associazione felicità-punizione. 

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