Pesce e frutta secca tengono «a bada» gli ormoni dell’appetito

Soprattutto tra i 18 ai 35 anni una dieta ricca di grassi polinsaturi ha effetti positivi sui livelli di due ormoni essenziali nella regolazione dell’equilibrio fame-sazietà
Gli acidi grassi polinsaturi non finiscono mai di stupire: ora si scopre che sono utilissimi per modificare l’assetto degli ormoni correlati all’appetito, favorendo la sazietà e aiutando quindi a rimanere in forma o a dimagrire senza troppi sforzi. È vero se non altro nei giovani dai 18 ai 35 anni, protagonisti di un’indagine pubblicata su Nutrition, secondo cui una dieta ricca di polinsaturi ha effetti positivi sui livelli di grelina e peptide YY, due ormoni essenziali negli equilibri fame/sazietà prodotti rispettivamente dallo stomaco e dall’intestino.
Lo studio
Per scoprirlo i ricercatori hanno misurato i livelli di queste sostanze così da avere un dato oggettivo sulla sazietà, ma hanno anche chiesto ai partecipanti una valutazione soggettiva del proprio appetito e di quanto pensavano avrebbero mangiato nel pasto successivo; il primo pranzo del periodo di esperimento è stato ricco di grassi saturi, quindi per una settimana una parte del gruppo ha seguito una dieta abbondante in acidi grassi polinsaturi da alimenti come frutta a guscio, tonno e salmone, olio di lino; l’altro gruppo ha mangiato «all’americana», dall’hamburger e patatine al pollo fritto. Alla fine della settimana, tutti hanno di nuovo consumato un pranzo ricco di grassi saturi e sono stati ancora sottoposti all’analisi ormonale e a questionari sulla sazietà.
Le stesse calorie
«I pasti erano identici per calorie e per gli altri nutrienti, l’unica differenza era la composizione della quota di grassi — specifica Jamie Cooper, del Dipartimento di Alimenti e Nutrizione dell’Università della Georgia —. Nella dieta di controllo i saturi erano il 13%, i monoinsaturi il 15% e i polinsaturi il 7 %; in quella ricca di polinsaturi la loro quota raggiungeva il 21% mentre i saturi erano il 5 % e i monoinsaturi il 9 %. Risultato: l’abbondanza di polinsaturi ha provocato un deciso calo nella grelina misurata a digiuno, con il contemporaneo incremento del peptide YY sia a digiuno sia dopo i pasti: la prima è associata a un incremento dell’appetito, il secondo a un maggior senso di sazietà. Questi cambiamenti possono aiutare in un miglior controllo della fame e quindi, in ultima analisi, del peso corporeo».
Incrocio di effetti
Ma nella regolazione dell’appetito, altri ormoni entrano in gioco. La leptina, ormone prodotto dalle cellule adipose che segnala al cervello la presenza di depositi di energia abbastanza forniti ed è quindi un forte segnalatore di sazietà, al punto che secondo alcuni è il mediatore centrale nella regolazione dell’appetito. E c’è anche la colecistochinina, altro ormone della sazietà sintetizzato nell’intestino soprattutto dopo pasti ricchi di grassi; infine, pure il neuropeptide Y secreto dal cervello partecipa al «dialogo» sul cibo, aumentando l’appetito e facendoci prediligere i carboidrati. L’equilibrio di tutte queste molecole decide l’introito di alimenti, ma proprio ciò che mangiamo può influenzare le quantità dei diversi ormoni: lo studio statunitense è infatti soltanto l’ultimo di una serie di indagini che hanno dimostrato, per esempio, che le proteine e i grassi sono molto efficaci nel far produrre la colecistochinina pro-sazietà; mentre i carboidrati da cereali integrali e le proteine inibiscono la secrezione di grelina più dei grassi saturi, mantenendo sazi a lungo; fibre e proteine, infine, aumentano il peptide YY riducendo l’appetito.
 
I cibi utili
Come tenere insieme tutto e mettere un freno duraturo ai morsi della fame, allora? Mangiando a ogni pasto fibre e proteine, scegliendo i cereali integrali come fonte di carboidrati e optando per i grassi mono - o polinsaturi al posto dei saturi. «Il pesce e la frutta a guscio sono alleati preziosi della dieta, perché fanno sentire sazi a lungo riducendo il consumo di calorie nei pasti successivi», conclude Cooper.
 

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