Binge drinking e social network

Il binge drinking (letteralmente “abbuffata alcolica”) è l’assunzione di più bevande alcoliche in un intervallo di tempo più o meno breve. Secondo l’Osservatorio Nazionale Alcol dell’Istituto Superiore di Sanità esso corrisponde all’assunzione in un’unica occasione di consumo di oltre 6 Unità Alcoliche (UA = 12 grammi di alcol puro). Non interessa il tipo di sostanza alcolica ingerita, né l’eventuale dipendenza alcolica: lo scopo ultimo di queste “abbuffate alcoliche” è l’ubriacatura immediata e la perdita di controllo.
Bere fino ad ubriacarsi, per trasgredire, per divertirsi, per scappare dal disagio, per essere più disinibiti, per sentirsi più liberi ed euforico. Nulla di nuovo per le giovani generazioni a parte il fatto che oggi si hanno a disposizione i social networks sui quali pubblicare ogni momento della propria vita per renderlo visibile ai propri followers. L’alterazione prodotta dall’alcool riduce i freni inibitori e faciliterebbe il click con il quale la propria “sbronza” diventa pubblica. Sarebbe quindi l’associazione tra ubriacatura e utilizzo dei social network a produrre conseguenze negative impensabili fino a qualche anno fa.
Una ricerca pubblicata sul Journal of Studies on Alcohol and Drugs si occupa proprio di questo tema, analizzando la relazione tra binge drinking ed uso dei social. Dei 425 studenti, tra i 18 e i 25 anni, monitorati dagli studiosi americani della Texas State University, moltissimi hanno “binged” e molti di loro tendono a utilizzare i social, riversandosi su Snapchat e Instagram e, molto meno, su Facebook e Twitter. Gli adolescenti bevitori lascerebbero così in rete contenuti ed immagini indubbiamente sconvenienti e compromettenti, che da lucidi non pubblicherebbero mai e senza pensare all’impatto negativo che potrebbero avere sulla loro vita reale.
Un primo effetto di tale uso disinibito dei social sembra riguardare la reputazione. E’ evidente infatti come, al momento di presentare una candidatura all’Università o ad un annuncio di lavoro, le tracce lasciate sul web possono davvero compromettere le prospettive future. L’esito, considerato che in rete non esiste il diritto all’oblio, è che a volte i giovani non vengono ammessi nelle università desiderate o che le proprie candidature non vengono considerate dai recruiters. L’altro aspetto negativo della relazione tra giovani bevitori e social è l’influenza sui coetanei, contribuendo a diffondere comportamenti che possono avere un certo potere “seduttivo” sui più giovani, i quali sarebbero più propensi a considerare divertenti i comportamenti postati e ad imitarli. I commenti positivi e i “like” ottenuti sui social andrebbero infine a rinforzare il binge drinking e la pubblicazione sui social, rendendo l’ubriacatura un comportamento che consente di ottenere un certo grado di approvazione e riconoscimento da parte dei pari.
I ricercatori propongono infine una riflessione sugli interventi che potrebbero essere efficaci nel ridurre e contrastare tale fenomeno. Traendo spunto dagli interventi di riduzione del danno, molto diffusi nel settore della cura delle tossicodipendenze, gli studiosi immaginano che in futuro, grazie all’uso delle nuove tecnologie, sarebbe interessante pensare ad un dispositivo o un sensore che riconosca il comportamento di abuso alcolico e contestualmente sia in grado di inviare tramite lo smartphone dei messaggi disincentivanti, nel momento in cui il soggetto sta assumendo una quantità di alcool eccessiva o a rischio di binge drinking.

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